Notizie sui Cammini

Padrón “Santiaguiño do Monte”, culla della tradizione Jacobea

 Santiaguiño do Monte, cuna de Tradición Jacobea | Tradición Jacobea  Publicado por albertosolana

Padrón-Iria, sul Cammino Portoghese di Santiago de Compostela, è la culla indiscutibile della Tradizione Jacobea e teatro della leggenda che vi colloca l’opera evangelizzatrice dell’Apostolo Giacomo il Maggiore, nonché il luogo in cui il suo corpo fece ritorno dopo il martirio e la morte a Gerusalemme, portato dai suoi discepoli dopo la decapitazione ordinata da Erode Agrippa (anno 44). Per questo motivo, questo luogo della Galizia è un punto di riferimento geografico per pellegrini e viaggiatori che troveranno nei suoi dintorni le stimmate leggendarie delle tradizioni e delle credenze enunciate nell’antica leggenda Jacobea.

La questione non è solo una pia tradizione e, ancor prima della scoperta della tomba, Beda il Venerabile (673-735), in accordo con il Breviarium Apostolorum del VI secolo, indica la predicazione di San Giacomo nell’estremo nord-ovest della penisola iberica.

Un viaggio dalla Palestina alle coste occidentali dell’Hispania e persino alle coste atlantiche dell’Europa, lungi dall’essere una chimera, era già una conquista dei Fenici molti secoli prima della nascita di Cristo, e le navi fenicie percorrevano regolarmente la rotta dalle coste palestinesi a quelle della Galizia, della Bretagna e della Britannia. L’esistenza del porto romano di Pontecesures, alla foce del fiume Ulla nell’estuario dell’Arosa, faceva sì che nel I secolo il trasferimento di un ebreo dalla Palestina a Padrón – Iria non fosse affatto fantasioso, come spesso si pensa a priori, ma del tutto fattibile.

La componente più arcaica della leggenda narra della venuta dell’apostolo San Giacomo in Hispania e in particolare nelle terre di Iria Flavia, oggi Padrón, per evangelizzare. In linea con questa proposta, i dintorni di Padrón contengono i luoghi in cui predicò e in cui fu ospitato durante la sua vita, intorno all’anno 40 d.C.. Così, sul pendio del Monte de San Gregorio, dall’altra parte del fiume Sar, si trova il luogo in cui la tradizione vuole che l’Apostolo abbia pregato, predicato la buona novella del Vangelo tra i gentili del luogo e celebrato l’Eucaristia come aveva imparato dal suo maestro. Immaginare San Giacomo che predica in Hispania e collocarlo tra le rupi di Santiaguiño do Monte, nelle terre di Padrón-Iria, può sembrare un desiderio sostenuto solo dall’illusione e dalla fede guidata dagli interessi ecclesiastici. La Tradizione Jacobea, indubbiamente sostenuta in gran parte da questa fede, non è un’illusione inventata dalla Chiesa, ma una tradizione di origine popolare, nata dal popolo e che la Chiesa come istituzione ha criticato e respinto per prima, prima di assumerla e razionalizzarla.

Nel XIV secolo, la Regina Isabella del Portogallo, durante il suo pellegrinaggio a Compostela, si fermò a pregare sulle pietre di questo simbolico monumento Jacobeo. Il barone Leo von Rozmithal, cognato del re di Boemia, viaggiò attraverso la Spagna e il Portogallo tra il 1465 e il 1467 e racconta la sua esperienza di visita a Santiaguiño, descrivendo la tradizione del luogo: “Chi entra in questa grotta [le pietre del Monte Santiaguiño] con l’intenzione di fare un voto, ottiene il perdono di molti peccati”.

Per accedere a O Santiaguiño, sebbene sia possibile percorrere in auto la strada che da Extramundi de Arriba parte da Padrón in direzione di Noia, la via più consigliabile e tradizionale è quella di salire i centotrentadue gradini di pietra che iniziano a destra del Convento del Carmen, una volta attraversato il fiume Sar dal ponte della Chiesa di Santiago. Questi gradini furono fatti costruire intorno al 1900, insieme alle mura che li precedono, dall’insegnante e filantropo padronese don José María Vidal Cepeda, al quale Padrón ha dedicato una delle sue strade. Salendo i gradini di pietra, ci si lascia alle spalle la città di Padrón e, durante la salita, si trovano diversi pianerottoli identificati con numeri romani, che in passato erano tappe della Via Crucis.

Questa è la via di salita per i pellegrini e per il tradizionale pellegrinaggio, che continua ad attirare un gran numero di abitanti e di visitatori. Tutto intorno questo luogo paradisiaco è circondato da piante aromatiche e da una vegetazione lussureggiante, fino a raggiungere un livello da cui si gode di una straordinaria vista panoramica sulla città di Padrón e su tutti i suoi dintorni geografici.

Una volta raggiunto il sito, si possono individuare diversi elementi nell’area circostante: l’eremo e la residenza dell’eremita, la sorgente con una galleria sotterranea, il promontorio roccioso e il letto dell’apostolo, e infine l’area di pellegrinaggio.

In una spianata centrale si trova il piccolo e affascinante eremo, un umile edificio in pietra granitica di circa quaranta metri quadrati. La sua origine è incerta, secondo il parere del capomastro Domingo Erosa y Fontán: “Non sappiamo nulla della fondazione di questa cappella, poiché la sua età e altri particolari si perdono nell’oscurità del tempo”. I primi riferimenti documentari risalgono al XV secolo. Fu ricostruita nel XIX secolo su iniziativa del cardinale di Compostela Martín de Herrera e poi ristrutturata intorno al 1960. Sul lato sud, una porta ad atrio apre la chiesa alla spianata circostante per la celebrazione liturgica della festa annuale del 25 luglio. All’esterno della chiesa si trova lo stemma dell’arcivescovo Rodrigo de Luna (1449-1460), motore della sua ricostruzione, e un altorilievo che raffigura il battesimo della regina Lupa da parte dell’apostolo Giacomo.

L’interno presenta un unico altare presieduto dall’immagine in pietra di San Giacomo seduto, molto apprezzato ai tempi in cui veniva visitato dai pellegrini, tra i quali era consuetudine sfregare le dita della sua mano, oggi molto consumata, usanza che oggi viene svolta solo durante la novena e la festa del 25 luglio. All’interno è conservata anche la tomba del canonico Gregorio, probabilmente il primo e remoto costruttore del tempio, poiché a partire dal XV secolo la collina cominciò a essere conosciuta come collina di San Gregorio. Al giorno d’oggi, quando l’esperienza personale del Cammino di Santiago tende a spostare i valori del pellegrinaggio come culto Jacobeo, questa visita è stata un po’ dimenticata; un tempo era molto frequente tra i pellegrini che arrivavano per la via portoghese, o quelli che raggiungevano Compostela per la via francese e poi proseguivano per Padrón, visitare questi luoghi così strettamente legati alla tradizione apostolica. Il cardinale di Compostela Martín de Herrera (1835-1922), grande promotore della cultura Jacobea, incoraggiò i pellegrinaggi a Santiaguiño. Da allora però, il numero di pellegrini è diminuito notevolmente e si è quasi limitato al 25 luglio con il pellegrinaggio popolare di Santiaguiño do Monte. Ultimamente si tende a rivitalizzare la visita a questi luoghi e a rieditare i valori più autentici e originali del pellegrinaggio a Santiago de Compostela. Accanto all’eremo si trova un altro edificio, la Casa del Ermitaño (Casa dell’Eremita), di piccole dimensioni e che ha subito varie modifiche che ne hanno diminuito l’interesse artistico.

A pochi passi dall’eremo, di fronte ad esso anche se ad un livello leggermente inferiore e affiancata da due rampe di scale laterali che vi scendono, si trova la suggestiva fontana, una sorgente di acqua copiosa, molto fresca e piacevole da bere, dove si dice che l’Apostolo si lavasse e bevesse e battezzasse coloro che convertiva alla fede di Cristo. La tradizione popolare vuole che l’aspetto della fontana sia il risultato di un miracolo dell’Apostolo che, per dissetarsi, fece sgorgare l’acqua dalla roccia colpendola tre volte con il suo bastone, così come si dice abbia fatto Mosè durante la traversata del deserto da parte degli israeliti. Dietro la grata che sovrasta la fonte d’acqua, c’è una galleria che raggiunge i sotterranei dell’eremo, uno spazio che si identificava con la grotta in cui l’Apostolo e i suoi discepoli si rifugiavano e si proteggevano. Dal XV secolo, l’uso di questa fontana è stato legato al perdono dei peccati, per cui i pellegrini vi bevevano e si lavavano per saziare il corpo e l’anima, e oggi si mantiene il rito di raccogliere la sua acqua purificatrice, sia nella festa del 25 luglio che alla vigilia di San Giovanni.

Salendo un po’ più in alto, si trova un gruppo di rocce, fino a dieci, che formano un promontorio roccioso, alcune delle quali lasciano degli stretti spazi aperti attraverso i quali la tradizione vuole che l’apostolo, cercando di proteggersi e nascondersi da coloro che lo molestavano, abbia miracolosamente aperto la roccia con il suo bastone per evitarli e sfuggire alle loro cattive intenzioni. Al centro dell’insieme, la figura di San Giacomo si staglia su un piedistallo in atteggiamento di preghiera o di predicazione. Era possibile arrivare quasi all’altezza dell’immagine salendo un totale di sei o sette gradini fino al promontorio e ci sono prove che nel XVI secolo era un rito per i pellegrini salire le rocce in ginocchio, pregando su ognuno dei gradini e terminando il rito passando sdraiati attraverso le tre cavità o passaggi, che sono chiamati inferno, paradiso e purgatorio. Attraversare questi stretti corridoi era difficile e ciò era associato all’idea che, passandoci attraverso, si fosse guadagnato il perdono. Come in altri luoghi di culto della pietra in Galizia, la credenza popolare è che se non li si attraversa da vivi, li si attraverserà da morti, un’affermazione diffusa in Galizia che sembra avere origini ancestrali. Dietro la figura apostolica in pietra e a coronamento dell’intero complesso, si trova un’antica croce di cui non si conosce l’origine, ma di cui si hanno testimonianze nel XVII secolo.

Si tratta di un sito archeologico che potrebbe risalire all’Età del Ferro (III secolo a.C.), che doveva essere un luogo con rituali atavici che la tradizione giacobina intende come il luogo in cui predicò l’apostolo San Giacomo.  Che ci sia stato davvero o meno, dato che la venuta e la sepoltura dell’apostolo non sono da escludere, ma piuttosto plausibili, e dato che il precristiano e il cristiano sono sequenzialmente compatibili, in quanto corrispondono a tempi in cui gli evangelizzatori aprivano nuove strade che non avevano mai ricevuto la parola apostolica, ha perfettamente senso che Padrón, che conserva diversi elementi della tradizione Jacobea, celebri la memoria dell’apostolo Giacomo in modo accattivante e tradizionale.

Nei pressi del promontorio roccioso si trovava una pietra che la tradizione identifica come il giaciglio dove riposò San Giacomo. Si tratta della cosiddetta Cama del Santo. Ambrosio de Morales ne parla nel 1572. Questa tradizione leggendaria è stata trasmessa oralmente fin dall’antichità attraverso le città e i villaggi che circondano Padrón. Lo storico contemporaneo di Padrón Eloy Rodríguez Carbia, difensore del patrimonio culturale e in particolare di Santiaguiño do Monte, riporta un evento avvenuto in tempi lontani a proposito della cosiddetta Cama del Santo: “Quando uno scalpellino del luogo di Extramundi [vicino a Padrón] cercò di tirarla fuori, quando se ne accorse, due uomini gli si avvicinarono e gli dissero: “Cosa fai, non vedi che stai tirando fuori il letto del Santo? Lo scalpellino rispose che era tutta una storia, che l’Apostolo non aveva mai dormito lì, dopo aver detto queste parole cadde a terra, lo portarono a casa e poi morì, ma non prima di aver chiesto perdono al Santo dopo aver riconosciuto di aver commesso una profanazione”. Nel più puro stile delle leggende Jacobee, viene tracciato un chiaro insegnamento o una morale, in linea con la linea d’azione di questo storico e politico, più importante della realtà della storia: dobbiamo avere più rispetto e cura del patrimonio, soprattutto quello costituito da beni non rigenerabili.

E infine, il pellegrinaggio a Santiaguiño. È già una tradizione ereditata dalle profonde radici popolari che ogni 25 luglio, festa di Santiago el Mayor, si celebra a Padrón un pellegrinaggio al Santiaguiño do Monte, al quale si recano quasi tutti i vicini di Padrón e dei villaggi vicini. Al mattino, gli eventi iniziano con un’affollata processione che parte dalla chiesa parrocchiale di Padrón e termina all’eremo di Santiaguiño do Monte, dove viene celebrata una messa solenne per venerare l’apostolo. La processione è presieduta da un’immagine dell’apostolo San Giacomo, popolarmente nota come “O Parrandeiro”, che è conservata nel tempio e che ogni anno viene portata a spalla dagli abitanti di Padrón, accompagnati da grande gioia ed espressioni folcloristiche. In seguito, i festeggiamenti si svolgono nell’area ricreativa locale, dove si tiene un pranzo al sacco in cui, tra i tanti piatti tradizionali galiziani, le sardine vengono grigliate su grandi griglie in modo da poterne grigliare un gran numero di pezzi contemporaneamente. L’area ricreativa è un ambiente incomparabile per il relax e il divertimento, con un’area attrezzata con tavoli, barbecue, fontane, parco giochi per bambini…, adatta al divertimento di familiari, amici e visitatori provenienti da tutte le parti.

Questo pellegrinaggio tradizionale godeva di un’enorme popolarità già ai tempi di Ambrosio de Morales (1513-1591), che ricorda un detto galiziano: Quen va à Santiago, è non va al Padron, ò faz Romería, ò non.

E Fermín Bouza Brey (1901-1973) vi allude nei suoi famosi versi:

“O Santiaguino do Monte non ho mai visto una festa come la tua:

chi ci va torna contento e chi non ci va si arrabbia.”

Alcuni autori menzionano la concomitanza a Santiaguiño do Monte di presunti allineamenti astrologici che potrebbero configurare parte del suo significato sacro preistorico. La proposta sembra alquanto teorica e imprecisa, concentrando i presunti allineamenti su punti geografici molto ampi. Ma naturalmente è nota l’esistenza di monumenti megalitici con funzioni di osservatorio astronomico che servivano a prevedere le stagioni attraverso misurazioni solari, come nel caso di Stonehenge in Inghilterra, a partire dalla fine del Neolitico (XX secolo a.C.). Per questo motivo, senza la pretesa di scartare nessuno di questi approcci, non si dovrebbero

stabilire tra loro considerazioni esclusive, nel senso che le valutazioni preistoriche servono a respingere le opzioni giacobine. L’esistenza di calendari basati su criteri diversi e su misurazioni solari e lunari, legati a credenze e culti religiosi, sono molto antichi e universali, e appartengono a culture e tradizioni che hanno attraversato la penisola, sovrapponendo i loro culti e le loro tradizioni, senza che alcuni patrimoni culturali perduti debbano escluderne altri che occupano lo stesso spazio in un momento storico diverso. La penisola è ricca di monumenti e luoghi a cui le civiltà che si sono succedute hanno dato significati e usi diversi, come i Celtiberi, i Romani, i Visigoti, i musulmani e i regni cristiani. Alcuni fatti e patrimoni culturali non smentiscono necessariamente altri separati da molti anni ma che condividono lo stesso scenario.

Per questo motivo, e tornando a Santiaguiño do Monte, come spazio singolare del Cammino portoghese di Santiago e del pellegrinaggio a Santiago de Compostela, ciò deve essere inteso come un luogo in cui la tradizione Jacobea e il pellegrinaggio popolare si mescolano, con i suoi antecedenti remoti e il suo futuro aperto, facendo parte di un insieme in cui mi piace dire che, sul Cammino di Santiago, il sacro e il profano vanno di pari passo.

Adattamento e libera traduzione Mauro Sala.